Convivenza e Alimenti Legge Cirinnà
Tre anni fa, in seguito alla promulgazione della legge 76/2016, anche nota come legge Cirinnà, si è avuta una regolamentazione delle unioni civili, tale da comprendere anche quelle tra persone dello stesso sesso e delle convivenze di fatto per le coppie omosessuali ed eterosessuali.
Sono stati ampliati i diritti dei conviventi di fatto anche in caso di cessazione del rapporto, anche se le coppie non sposate che si separano, non godono degli stessi benefici comunemente riconosciuti a due coniugi.
In caso di separazione di una coppia sposata, infatti, il giudice può obbligare il coniuge che si trovi in una situazione economica più agiata a versare l’assegno di mantenimento periodico all’ex partner, qualora questi non avesse redditi adeguati da consentirgli il mantenimento del tenore di vita precedente.
Per le cosiddette coppie di fatto non opera un simile meccanismo e le dinamiche di un eventuale obbligo di mantenimento vengono rimesse all’accordo tra le parti.
I TIPI DI CONVIVENZA
In ottemperanza alle modifiche apportate dalla legge Cirinnà, oggi la convivenza si può realizzare in tre modi diversi:
- Una semplice convivenza di fatto, quando la coppia convive in modo stabile e continuativo.
- Una convivenza regolata da un apposito contratto di convivenza.
- Una convivenza registrata attraverso una dichiarazione ad hoc, presentata dalla coppia all’anagrafe del Comune di residenza.
A norma dell’articolo 1 comma 50 e seguenti, della Legge 76/2016, nel secondo dei casi elencati, i conviventi stipulano tra loro un contratto di convivenza al fine di regolare i loro rapporti economici. In questo contratto potranno stabilire ciò che preferiscono, compreso il pagamento di un eventuale mantenimento in caso sopraggiunga una separazione.
Il contratto deve essere redatto in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata e sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato, che ne devono attestare la conformità a norma di legge.
Il contenuto del contratto è indicato dal legislatore e deve contenere:
- le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle possibilità di ognuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo.
- Il regime patrimoniale della comunione dei beni, così come disciplinato dal libro I titolo VI capo VI sezione III del Codice civile.
Le coppie conviventi, ammesso che possano adottare come regime patrimoniale quello della comunione dei beni, sono libere di regolare i modi di contribuzione alle varie necessità della vita comune, stabilendo anche che spetti ad entrambi provvedere alle spese, sia ordinarie che straordinarie.
La coppia potrà anche recarsi presso il proprio Comune e registrare la convivenza. I due conviventi dovranno dichiarare all’ufficio anagrafe di costituire una coppia di fatto, nonché di coabitare. La dichiarazione potrà essere validamente sottoscritta davanti all’ufficiale di anagrafe, inviata tramite fax o per via telematica.
I dichiaranti possono ottenere il certificato di stato di famiglia, acquisendo così diversi diritti.
In caso sopraggiunga una separazione, ad uno dei due partner saranno eventualmente dovuti gli alimenti ma esclusivamente in presenza di determinate condizioni.
LA CONVIVENZA E L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO
Prima che entrassero in vigore le discipline di questo nuovo profilo normativo, si riteneva che tra i conviventi non dovesse sussistere alcun diritto reciproco al mantenimento, né durante la convivenza né – tantomeno – dopo cessazione di quest’ultima.
La legge, pur disciplinando vari aspetti ed effetti delle convivenze, non ha previsto un automatico diritto al mantenimento per i conviventi che dovessero lasciarsi, a meno che lo stesso non venga esplicitamente previsto nel contratto di convivenza.
In questo contratto i coniugi potranno stabilire il pagamento di una somma di denaro, a periodi o in un’unica soluzione, a tutela del soggetto economicamente più debole. Si tratta di un mantenimento facilmente accostabile a quello previsto per le coppie sposate, con la differenza sostanziale di essere previsto e stabilito di comune accordo tra i partner.
Da questa tutt’altro che sottile differenza si irradiano conseguenze che sarà senz’altro opportuno tenere in considerazione. Ad esempio, se per le coppie sposate che non si siano accordate sull’ammontare del mantenimento potrà intervenire il giudice, determinando l’importo che andrà ad essere versato all’ex coniuge con il reddito più basso, per le coppie conviventi invece il giudice potrà condannare la parte più abbiente al versamento del mantenimento solo qualora questa eventualità risulti prevista nel contratto di convivenza.
Più precisamente, nel contratto di convivenza la coppia potrà accordarsi circa l’ammontare del mantenimento nonché sulle modalità di pagamento dello stesso, a rate o in un’unica soluzione, sulla durata – proporzionale o pari all’effettiva durata della convivenza – e sulle modalità di pagamento, attraverso assegno o bonifico bancario/postale.
Per le coppie che decidano di registrare in Comune la propria unione e per le coppie di fatto, la Legge Cirinnà ha stabilito l’obbligo di versare gli alimenti a carico della parte economicamente più debole in presenza di determinate condizioni, ovverosia qualora quest’ultima versi in stato di bisogno e non sia altrimenti in grado di provvedere al proprio mantenimento, come esplicitato nell’ art. 1 comma 65.
LA DURATA E LA MISURA DEGLI ALIMENTI
gli alimenti non spettino all’ex partner a tempo indeterminato, ma come vengano piuttosto assegnati proporzionalmente alla durata della convivenza. L’obbligo di versare il mantenimento durerà così tanto quanto il periodo di effettiva convivenza dei due soggetti.
In relazione invece alla misura degli alimenti, la stessa andrà determinata stando al dettato dell’articolo 438 comma 2 del codice civile, vale a dire proporzionalmente al bisogno del richiedente e alle condizioni economiche del somministrante. In presenza di altri familiari, il convivente dovrà pagare gli alimenti in favore dell’ex partner qualora lo stesso abbia tentato di ottenerli, senza riuscirci, dagli altri soggetti obbligati, espressamente indicati all’articolo 433 del codice civile.
La richiesta dovrà essere stata formulata prima al coniuge, ai figli, anche se adottivi, ai genitori, agli ascendenti adottanti, ai generi e nuore, al suocero e alla suocera, se presenti. I conviventi precedono i fratelli e le sorelle.
La domanda degli alimenti potrà essere proposta per quelle convivenze interrottesi dopo l’entrata in vigore della normativa relativa alla legge Cirinnà. Qualora la convivenza sia finita prima dell’entrata in vigore della presente normativa, non troverà applicazione quanto previsto dalla stessa legge.
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LA DOMANDA GIUDIZIALE E GLI ALIMENTI
La richiesta degli alimenti deve essere proposta davanti al tribunale attraverso atto di citazione. La competenza spetta al giudice ordinario in composizione monocratica. La controversia in materia di alimenti è regolata all’articolo 433 e seguenti del Codice civile nonché dall’articolo 163 e seguenti del Codice di procedura civile.